La memoria, cioè la nostra capacità di registrare, conservare e richiamare le esperienze passate, costituisce una delle abilità più importanti e affascinanti del nostro cervello. Da oltre quarant'anni, i neuro-scienziati si interessano ai meccanismi biologici che sono alla base della memorizzazione delle informazioni che il nostro cervello registra ogni giorno.
Oggi, un team della Facoltà di Medicina dell'Università di Ginevra (UNIGE) dimostra come il cervello regola la dimensione degli 'ensamble neuronali' (gruppi di neuroni) che riflettono le tracce della memoria per ottimizzare le prestazioni. Puntando i neuroni dell'ippocampo, gli scienziati dimostrano che è possibile inibire - o, al contrario far riemergere - un ricordo. Questi risultati sono pubblicati su Neuron.
La traccia che lascia un ricordo nel nostro cervello è costituita da un insieme di cellule situate nell'ippocampo, chiamata «engramma». Durante la codifica dei ricordi, i neuroni che formano l'engramma creano una rete. Perchè un ricordo sia fissato, deve essere attivato un numero corretto di neuroni. Se invece sono mobilitate troppe cellule, l'archiviazione delle informazioni può diventare compromessa.
Per capire come funziona la memoria, i ricercatori di Ginevra hanno studiato i meccanismi che controllano il reclutamento di neuroni nell'engramma. Iniziato da Dominique Muller, che è scomparso tragicamente lo scorso Aprile, questo studio è stato condotto da Pablo Mendez e Christian Lüscher del Dipartimento di Neuroscienze di Base nella Facoltà di Medicina dell'UNIGE.
Indebolire o rafforzare un ricordo
Per studiare la stabilità a lungo termine della memoria, gli scienziati hanno presentato ai topi una situazione particolare, al fine di creare un ricordo. Hanno quindi esposto questi roditori più volte alla stessa situazione e hanno stimolato particolari neuroni con l'optogenetica, una tecnica che combina l'ottica e la genetica rendendo i neuroni sensibili alla luce.
Essi hanno così potuto osservare che le cellule reclutate dall'engramma attivano delle cellule inibitorie, che impediscono l'attivazione dei neuroni vicini. Identificando questo meccanismo di inibizione, il team ha decifrato il modo in cui i neuroni mobilitati controllano la dimensione dell'engramma cellulare e, di conseguenza, la stabilità della memoria contestuale.
Pablo Mendez, autore senior dello studio, spiega il resto dell'esperimento: "Dal momento che volevamo sapere in che misura la dimensione dell'engramma cellulare influenza la memoria, abbiamo usato l'optogenetica per «forzare» i topi a reclutare più o meno neuroni. Successivamente, abbiamo scoperto che più l'engramma è significativo, migliore è conservato il ricordo, ma solo fino ad un punto limite. Oltre una certa dimensione, la memoria non lavora più. Abbiamo così potuto rafforzare un ricordo, ma anche rimuoverlo".
E Christian Lüscher aggiunge: "Ora che conosciamo il meccanismo di base, vogliamo decifrare come funziona la memoria stessa. Quali cellule per quali ricordi? Come fanno i neuroni in realtà a codificare la memoria? Abbiamo ancora molte scoperte da fare per capire in dettaglio come il nostro cervello conserva i nostri ricordi".
Fonte: Université de Genève via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Thomas Stefanelli, Cristina Bertollini, Christian Lüscher, Dominique Muller, Pablo Mendez. Hippocampal Somatostatin Interneurons Control the Size of Neuronal Memory Ensembles. Neuron, February 2016 DOI: 10.1016/j.neuron.2016.01.024
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.